Email marketing strategist e co-founder di Palabra, la prima agenzia italiana interamente dedicata a email marketing e automation, Alessandra Farabegoli lavora nel digitale dalla fine degli anni ’90, aiutando aziende, enti e professionisti a usare Internet per fornire un servizio migliore, guadagnare di più e lavorare meglio. Da biologa prestata prima all’informatica e successivamente al marketing online, analizza le comunità e le loro forme di interazione, competizione e mutualismo, per costruire strategie di crescita equilibrate e sostenibili.
A lei abbiamo chiesto un’anteprima del suo intervento in BTO, su come vede l’evoluzione dell’email marketing nei prossimi anni, considerando il crescente impatto dell’AI.
Ciao Alessandra, secondo te, quali funzionalità AI featured potrebbero davvero fare la differenza per un marketer?
Come è successo per ogni buzzword – e ormai ne ho viste passare tante nel digital marketing – anche con l’AI in questo momento c’è un’inflazione di applicazioni, più o meno necessarie, più o meno sensate. Così non c’è piattaforma di email marketing che non abbia annunciato nuove funzionalità AI-driven, e qui è davvero necessario tenere i piedi per terra e distinguere ciò che davvero ci aiuta a lavorare meglio dalle features di cui possiamo serenamente fare a meno.
Personalmente, sto sperimentando con interesse alcune funzionalità AI applicate all’automation, che permettono ad esempio di impostare A/B test su versioni di messaggi o durata degli intervalli di tempo fra un messaggio e il successivo, lasciando che sia il machine learning a perfezionare via via il test e a selezionare l’opzione migliore. Trovo anche interessanti le feature che accelerano la creazione di segmenti complessi o lo sviluppo della logica dei flussi: noi descriviamo a parole il nostro obiettivo e la piattaforma imposta i criteri di selezione o lo schema dell’automazione. Tutto bello, purché poi siamo in grado di valutare con occhio critico il risultato e perfezionarlo, perché come accade quando le AI generative vengono usate per scrivere, gli elaborati prodotti dalla macchina vanno sempre revisionati, quando non riscritti da capo.
Vorrei invece porre l’accento su un altro tipo di impatto che l’AI avrà sull’email marketing, non tanto sul processo di produzione dei messaggi, quanto su come questi vengono visualizzati da chi li riceve. La Inbox non è più da tempo uno stack anticronologico in cui tutti i messaggi, dai più recenti ai più vecchi, sono presentati allo stesso modo: ora li troviamo suddivisi in cartelle: GMail è stato il primo, dalla prossima versione di iOS anche Apple Mail li organizzerà per mittente e tipologia. Ogni tanto l’algoritmo decide di riportare alla nostra attenzione messaggi che non abbiamo aperto ma che, secondo le sue logiche imperscrutabili, dovremmo leggere; e sempre più spesso vediamo in Inbox delle anteprime del messaggio generate dall’AI. Noi mittenti non abbiamo più il controllo totale su ciò che verrà mostrato e dobbiamo quanto più possibile fare in modo che il contenuto delle nostre mail sia inequivocabilmente comprensibile, non solo dalle persone ma anche dagli algoritmi, per evitare che l’anteprima mostrata in Inbox dia un messaggio diverso da quello che vorremmo far passare.
In un’epoca in cui l’AI sembra voler standardizzare e automatizzare tutto, quali strategie consiglieresti per mantenere l’email marketing autentico, personale e rilevante per i destinatari?
Purtroppo – o per fortuna – non esistono formule magiche né pallottole d’argento, ma solo fare i compiti e ricordarsi che, se i messaggi che mandiamo non contengono una qualche utilità per chi li riceve, saranno completamente inutili anche per chi li manda.
Non tutti lo fanno, non tutti lo faranno, del resto anche oggi le nostre Inbox sono piene di campagne autoreferenziali il cui piano editoriale poggia su un unico pilastro: “compra compra compra”.
La buona notizia è che possiamo usare l’AI per generare più velocemente e a costi minori analisi del contesto, ipotesi di lavoro, brainstorming di spunti creativi, quindi risparmiare energie nella parte noiosa e time-consuming del lavoro e metterne di più nell’ascolto delle persone.
La segmentazione e la personalizzazione sono fondamentali, ma come possiamo evitare il rischio di creare campagne-fotocopia che finiscono per risultare prevedibili o poco coinvolgenti?
Come dico sempre, spesso la cosa migliore che possiamo fare è… fare un po’ meno: mandare meno messaggi, mandare “quel” messaggio a meno persone, mettere un po’ meno contenuto – mettendo bene a fuoco l’obiettivo principale della mail ed evitando di infarcirla di CTA secondarie – e magari alleggerire il codice, che messaggi più leggeri usano meno risorse per viaggiare ed essere immagazzinati.
Di campagne-fotocopia e contenuti venduti un tanto al chilo siamo già pieni: la pessima notizia è che per produrli con l’AI consumiamo molta più energia e acqua e budget di emissioni di CO2. Inoltre l’AI è una tentazione facile: se non ti importa molto della relazione ma solo del profitto a breve termine, è probabile che la userai per mandare le stesse campagne fotocopia di prima, ma spendendo meno.
Il risultato netto è massimizzare i profitti privati e generare costi collettivi sempre più alti, il che non può durare a lungo: possiamo uscirne accelerando la corsa verso la catastrofe, o finalmente prendere atto della necessità e dell’urgenza di trovare equilibri più sani, equi, umani. Sono uscita dal perimetro dell’email marketing con questa risposta? Certamente sì, ma credo che una parte della soluzione sia provare a guardare un po’ oltre lo stretto confine del nostro ambito d’azione e pensare che l’impatto di ciò che facciamo risuona anche oltre la misurazione dei tassi di apertura e di clic.
Non perdete l’appuntamento con Alessandra Farabegoli nella cassetta degli attrezzi ’’Balancing AI nell’Email Marketing a BTO 2024’’, di BTO 2024.
L’intervista è stata curata da Giulia Eremita coordinatrice del topic “Digital Strategy”.
Vi aspettiamo a Firenze il 27 e 28 novembre 2024 a Firenze!