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Food Creator & Travel: intervista a Ezio e Manuela

Pubblichiamo una interessante intervista che ripercorre uno dei panel di BTO 2022 del topic “Food & Wine Tourism”e ne approfondisce i temi. L’autrice, Sara Boccolini, era parte del Social Media Team di BTO e ha raccontato alcuni interventi che l’hanno più colpita. Oltre alle considerazioni utili e pratiche che leggerete, è anche un esempio di cosa potrete trovare ne prossimo BTO il 22 e 23 novembre 2023.

L’impatto dei food & travel content sulle decisioni di viaggio. Nel 2023 il lavoro dei content creator quanto influisce sulle nostre scelte? Come dovrebbero muoversi i brand per ottenere collaborazioni di successo? Qual è la responsabilità dei creator?

Per rispondere a queste e a tante altre domande ho intervistato due ragazzi pugliesi, che stimo tantissimo e che conosco da tempo, Ignazio Totorizzo e Manuela Vitulli che durante l’edizione 2022 di BTO hanno tenuto un panel, condotto da Fabrizio Todisco, proprio su questo argomento.

Iniziamo con Ezio che ha approfondito il tema lato azienda.
Ciao Ezio! Presentati: chi sei? Cosa fai?

Ciao a tutti! Sono Ezio Totorizzo e sono un digital strategist pugliese. 

Curo strategie e progetti digital per brand che hanno la necessità di innovarsi nella comunicazione online, combinando la mia formazione nel settore con l’esperienza in ambito aziendale. 

Sia per passione che per lavoro, ho sempre seguito i trend del social media marketing riuscendo, negli anni, a dar vita a progetti di successo che hanno raggiunto i trending topic nonché milioni di utenti online. 

Ho partecipato come relatore a numerosi eventi di settore dove ho avuto la possibilità di condividere l’esperienza maturata nel mondo digitale alla passione per il marketing.

Allo stesso modo, mi occupo di formazione anche nelle aule universitarie come docente di “Digital Marketing” per diversi corsi universitari e master di settore. 

La curiosità e l’animo da sognatore rappresentano gli aspetti che più mi caratterizzano insieme a una grande passione per il mare e per la mia terra, la Puglia, che è da sempre al centro dei miei racconti e condivisioni. 

Già nel 2012 ho aperto un blog in cui mi occupo di viaggi e lifestyle e ho proseguito nello sperimentare linguaggi e mezzi diversi dapprima con la partecipazione come startupper in programmi TV e, nel 2021, con la pubblicazione di “Un mondo di Stories”, il primo libro di web marketing in Italia incentrato sul fenomeno delle Stories.

Nel tuo intervento hai approfondito il tema content creator – lato azienda. 
Parto subito a bomba utilizzando uno dei termini che hai citato e ti chiedo:
il marketing territoriale quali caratteristiche dovrebbe avere per essere un efficace progetto di successo?
Mi è piaciuto tantissimo l’esempio de “leorecchiettedinunzia” –  un progetto che è partito dal basso. 

Il territorio e le destinazioni, oggi, sono fonti di grande ispirazione per tutte le aziende e i brand che sentono la necessità di raccontare la propria Storia partendo dal luogo in cui sono inserite o in cui decidono di operare.

Un ascolto sempre più attivo delle necessità dei consumatori ha spinto brand e aziende a porre maggiore attenzione alle storie che si nascondono nelle tradizioni dei luoghi che abitiamo. Per questa ragione, ogni team marketing ha iniziato a sentire la necessità di trovare delle connessioni con chi vive le città e i luoghi al fine di umanizzare i brand. 

Un esempio molto conosciuto è proprio quello della “Via delle orecchiette” a Bari Vecchia, diventata famosa per le signore che nei pressi delle proprie case vendono orecchiette preparate secondo gli usi tradizionali baresi. Questo fenomeno, che attira centinaia di turisti tutti i giorni, è stato notato da brand e aziende che utilizzano le signore di Bari vecchia come testimonial nelle loro campagne di comunicazione. 


Un brand come dovrebbe fare per scegliere Ambassador giusti?
Solo numeri o meglio tenere in considerazione anche altre caratteristiche?
Alla base di un qualsiasi progetto credo debbano esserci obiettivi ben chiari. 

Il momento della scelta dell’Ambassador è molto importante per ogni azienda che deve, quindi, tener bene a mente che questa persona rappresenterà i valori dell’azienda stessa. Per questo motivo bisogna essere ben scrupolosi nella selezione e trovare qualcuno/a in grado di avere un tone of voice affine alla realtà che andrà a rappresentare, che sappia comunicare e che condivida i valori dell’azienda e che abbia un rapporto speciale con la propria community. Il numero dei follower è importante, ma non sempre fondamentale nella scelta dell’Ambassador; può capitare, infatti, di coinvolgere Content Creator di nicchia che possono dar luogo a contenuti che abbiano molto più engagement rispetto a quelli prodotti da influencer più noti. 

Io consiglio sempre di scegliere il proprio Ambassador avendo ben chiara la finalità di questa collaborazione costruendo sin da subito una strategia che miri a risultare vincente!

Per esempio, si può immaginare di fornire un codice sconto associato ad un dato creator creando contenuti da postare in collaborazione tra il profilo aziendale e quello del digital creator scelto.

Il progetto: meglio che l’azienda lo crei con il content creator. 
Che consigli daresti ai brand per far si che il progetto non sia fine a sé stesso?

Tutti i progetti digitali devono seguire degli obiettivi di business. Per ciascun obiettivo bisogna trovare il canale digitale giusto per dialogare con la propria audience. Il Content Creator è una figura molto ricercata dai team marketing per i progetti web infatti, negli ultimi anni, è diventato indispensabile inserirli all’interno dei progetti digitali per la comunicazione aziendale. Un Creator è padrone degli strumenti di comunicazione e per questo riesce a produrre contenuti in maniera più efficace e che potenzialmente sia in grado di creare più engagement rispetto a quelli pensati dal team marketing. Il mio consiglio è quello di trovare un giusto equilibrio tra produzioni e collaborazioni con creator senza trascurare la propria narrazione aziendale attraverso una comunicazione mirata, studiata e programmata. 

Le storie. Il territorio. Le persone. 
Dietro a un progetto ci deve essere tanto, bisogna pensare a 360°. 
Come hai detto tu durante il tuo intervento. 
Se il brand è giovane, cosa consigli di fare? Su quali fattori potrebbe spingere se non ha, ad esempio, alle spalle una storia centenaria? 

Quando si pensa a un progetto digitale bisogna programmare e organizzare il lavoro a 360 gradi, nonostante la difficoltà che tale programmazione possa comportare. Il mio consiglio è fissare subito gli obiettivi di business e progettare tutta l’attività digitale per raggiungerli. Anche brand giovani possono provare a raggiungere nuovi potenziali clienti, per esempio, grazie a una comunicazione fresca, dinamica e magari totalmente diversa da competitor più strutturati e con una storia più duratura alle spalle. Imparare ad ascoltare le esigenze della propria community è diventato fondamentale e questa potrebbe essere la chiave di lettura per una nuova azienda che ha voglia di differenziarsi. ll dialogo costante tra strategie online e strategie offline possono creare una sinergia vincente; per questa ragione curare il racconto in Stories, la Newsletter così come la comunicazione tramite post e Reel permette di entrare nella quotidianità del brand o dell’azienda e, in questo modo, fidelizzare la propria community trovando sempre modalità diverse per ricordare i valori, le idee e le proposte aziendali.

Alle aziende consigli content creator specializzati nel loro settore oppure credi che un creator bravo possa parlare di tutto? 

Non esiste una risposta perfetta a questa domanda. Sicuramente lo scouting dei talent con i quali collaborare è un lavoro molto scrupoloso per un’azienda. La chiave deve essere l’empatia con il creator che in quel momento andrà a rappresentare la realtà aziendale. Il mio consiglio è quello di coinvolgere i profili giusti in base agli obiettivi prefissati per il progetto digitale. Per questo dico assolutamente sì alle nicchie e ai profili di settore che alle volte si rivelano più performanti dei grandi profili. Allo stesso tempo, non posso non consigliare, anche, il coinvolgimento di account di professionisti che hanno creato un rapporto speciale con la propria community; questo può essere un valore aggiunto per il progetto e di conseguenza per il business. 

Il tuo libro sulle stories. 
Vuoi svelarci 3 segreti per le aziende che ancora non l’avessero letto?
Uno di questi secondo me potrebbe essere il #takeover nelle stories 🙂 Di cosa si tratta?
Sempre lato azienda credo che un altro strumento ideale sia il post/reel in collaborazione. 

Un’azienda o un libero professionista dovrebbe leggere il mio libro “Un mondo di Stories”, edito da Dario Flaccovio Editore, per comprendere che ciascuno di noi ha una Storia unica da raccontare e che, grazie a nuovi strumenti di comunicazione, è possibile riaccendere quella passione e quella voglia di entrare in contatto con la propria community. 

Il take over – l’essere ospiti di un altro profilo-  è uno strumento utilissimo per apportare una ventata di freschezza alla comunicazione nei propri canali aziendali; l’utilizzo professionale di Stories e video da parte di creator permette di raccontare la realtà del Brand attraverso un punto di vista più personale ed emozionale offrendo, così, la possibilità di entrare in contatto con community diverse e che potrebbero interessarsi alla realtà dell’azienda. Il mio consiglio, prima di attivare queste collaborazioni, è lavorare sul proprio profilo così che ogni potenziale cliente possa subito trovare tutte le informazioni utili a conoscere il brand e i suoi prodotti o servizi all’interno del profilo dell’azienda. 

Consiglio invece l’utilizzo dei REEL se si ha voglia di raggiungere un pubblico più ampio dando spazio alla creatività del brand o dell’azienda. Con i reel si può raccontare un animo diverso del quotidiano, dare consigli e tips. Non ultimo mi preme ricordare di sfruttare tutti gli adesivi presenti in stories come sondaggi, quiz e tag domande per interagire con la propria audience in modo da avviare un dialogo diretto con quest’ultima. 

Dopo una bella scorpacciata di informazioni, riflessioni e consigli per le aziende, passiamo ad approfondire con Manuela l’argomento lato content creator.
Ciao Manu!  Io ti conosco benissimo e credo anche la maggior parte dei lettori di questo blog. Ma prima di iniziare, presentati a modo tuo. 

Mi definisco orgogliosamente pugliese. Amo parlare – e sono quel pericolosissimo tipo di persona che manda messaggi vocali lunghissimi. Da qui l’urgenza di scrivere, di raccontare storie, di comunicare online. Amo follemente viaggiare, ma con un biglietto andata e ritorno, perché ho capito che la Puglia è per me linfa vitale. Insieme al mare. Dal 2013 ho unito la passione per i viaggi e la comunicazione in un lavoro partendo da un blog. Amo il mare, ma ho imparato ad apprezzare tanto anche i silenzi e l’intimità della montagna, amo i viaggi a contatto con le culture locali ma non disdegno le mete più goliardiche. Insomma, sono un ossimoro vivente… e va bene così. 

Tu come sei partita? Il tuo lavoro come è cambiato negli anni? 
Da travel blogger a content creator. Ora ti senti più così?
Sei molto più presente sui social a discapito del blog?

Sono partita esattamente 10 anni fa aprendo il mio blog Pensieri in Viaggio per caso. Letteralmente per gioco. Era un passatempo. All’epoca la scrittura aveva un ruolo preponderante e amavo leggere i blog altrui, ci spendevo ore. Trovavo ispirazioni di viaggio ma anche spunti per riuscire a trovare il mio stile di scrittura, cosa all’epoca fondamentale per una travel blogger. Oggi però mi sento più una content creator, ma non perché disdegni il mio ruolo di travel blogger: penso che anche il travel blogger sia un content creator, in quanto creatore di articoli di viaggio. Quindi sì, penso che l’etichetta – se un’etichetta devo affibbiarmi – giusta è quella di content creator. Presa dall’ascesa dei social, per qualche anno ho trascurato un po’ il blog pubblicando sempre meno, ma fortunatamente negli ultimi mesi ho ripreso a pubblicare sul blog con una certa assiduità e con rubriche tutte nuove. Ne sono davvero felice. Ho ritrovato il mio spazio, la mia casa. 

Non ti piace essere chiamata Influencer, come mai?

Sono una content creator più che una influencer. Non so, non mi piace il termine influencer perché mi ci ritrovo poco. Non credo sia giusto influenzare o farsi influenzare da altre persone in quanto ognuno dovrebbe avere un pensiero critico. Trovo più piacevole pensare che posso ispirare altre persone. Ecco, questo mi piace.

Tu ami Instagram da sempre. Ricordo il tuo amore verso questo social già durante il nostro viaggio in Giordania di tanti anni fa. 
Questo amore è ancora attuale oppure, come è diventato Instagram oggi, ti piace meno? 

Sono sempre stata una grande sostenitrice di instagram, anche quando i travel blogger veterani lo condannavano (alcuni di questi oggi sono persino più attivi di me con i reel ☺). Ho sempre pensato che potesse essere una grande fonte di ispirazione e il mezzo giusto per arrivare in maniera più veloce, istantanea, al pubblico. Il racconto dei viaggi era bellissimo tramite Instagram. Oggi non ne parlo più con lo stesso entusiasmo – sebbene lo utilizzi tantissimo – perché è diventato tutto mordi e fuggi, specchio dell’epoca in cui viviamo probabilmente. I contenuti hanno una durata brevissima. Non fai in tempo a creare un reel che già ne devi creare un altro. Siamo tutti schiavi dell’algoritmo e ai post si sono aggiunti i reel, le stories… Si è perso quello spirito genuino della community che c’era un tempo e oggi è tutto concentrato sul singolo creator. Tutto è egoriferito. Ed ecco che ritorna il piacere dello scrivere sul blog – dicono infatti che uno dei trend del 2023 è proprio il ritorno dei cari e vecchi blog!

Il termine “instagrammabile” – io non ti reputo una persona che cerca lo scatto perfetto. 
Credimi che è un complimento 🙂

Grazie! No, non mi piace il termine instagrammabile! Ma forse solo perché trovo che troppa gente, ossessionata da Instagram, vada più alla ricerca dell’instagrammabilità che della qualità e della bellezza. Che dici tra un po’ si dirà TikTokerabile? ☺

Vedo sempre te: autentica, non una che segue le mode e i posti instagrammabili.
Cosa ne pensi? Come ti reputi? Qual è la priorità in un viaggio o in un’esperienza al ristorante?

Cerco di essere me stessa e sicuramente questo va a discapito della mia crescita social, ma poco importa. Più che seguire un trend vorrei che le persone che mi conoscono ritrovino davvero me nei miei contenuti. Vorrei sentirmi coerente, innanzitutto con me stessa. I trend passano, la coerenza no. Detto ciò, non biasimo chi ha scelto di seguire i trend, anzi. Ognuno utilizza i social come preferisce e io ho semplicemente scelto una strada diversa da quella intrapresa da altri creator. Per me la priorità in un viaggio è viverlo e raccontare l’esperienza dopo averla vissuta, non viverla per raccontarla. 

L’account Insta-Repeat. Davvero un fenomeno orrendo.
Chi sposa questa filosofia non si gode il viaggio e non respira la magia del posto.
Tu che ne pensi? Credi che davvero le community dei vari content creator abbiano voglia di scatti omologati?

Penso e spero che quello degli scatti perfetti omologati sia un fenomeno in discesa, complice il successo dei reel e dei TikTok. E forse è un bene, perché questo format video ha sdoganato l’autenticità del contenuto. Ci sono video poco curati che fanno numeri impressionanti… e per quanto possa risultare assurdo forse è un buon segno. Significa che c’è gente che vuole autenticità. Questo soprattutto su TikTok dove i video patinati vanno pochissimo. 

Instagram può creare, influenzare positivamente ma può fare anche danni a un luogo.
Facci un esempio!

Sono tanti gli esempi che potrei farvi. In primis la Grotta della Poesia, che per un periodo è stata chiusa al pubblico a causa del turismo di massa che rischiava di danneggiare questa meraviglia naturale. 

Lo stesso vale per Maya Bay, in Thailandia. 

E anche al lago di Braies si è deciso di contingentare gli ingressi.

Over Tourism. Un fenomeno che mette in pericolo destinazioni e luoghi.
Il turismo di massa che, come hai citato tu, è arrivato anche nella “nostra” Giordania. 

Eh già. Quando ci siamo state noi (solo sei o sette anni fa) la Giordania era una meta che si affacciava timidamente al digital per promuovere il turismo. Era una meta di nicchia, scelta da veri intenditori di viaggi. Lo stesso fenomeno sta capitando ora con l’Oman e tante altre destinazioni. I social possono davvero trasformare una destinazione. 

Cosa potrebbe fare un content creator per non far dilagare questo fenomeno?
Mi è piaciuto molto il tuo concetto di sostenibilità-digitale che mira sempre a fare del bene all’ambiente. 
Dalla Grotta della Poesia al Lago di Braies…qual è per te la filosofia di sostenibilità che ogni content creator dovrebbe sposare?

Non è facile agire nel migliore dei modi quando il nostro lavoro consiste proprio nel promuovere una destinazione. Per il bene del nostro pianeta, però, io credo che dovremmo sforzarci di salvaguardare i luoghi fragili, la natura, anche a discapito dei numeri. Rendere un contenuto virale non è più importante del proteggere l’ambiente, la popolazione locale. Magari pensiamoci due volte prima di svelare qual è la spiaggia segreta dove vanno solo i local per sfuggire al turismo di massa in una regione frequentatissima. Rispettiamo la natura e rispettiamo anche chi vive i luoghi dove viaggiamo. 

Ringrazio di cuore Ezio e Manuela per aver accettato questa intervista e per tutti gli spunti di riflessione che ci hanno dato.
Se avete altre curiosità o richieste, commentate l’articolo!

Ringrazio anche BTO per avermi dato questo spazio e per permetterci ogni anno di restare sempre sul pezzo… come piace a noi 😉 

Sara Boccolini
Viaggio AnimaMente